di Fiorenzo Dosso
“Monza-Milan è una partita che non potrà mai essere come le altre”: commossa sintesi emozionale di Adriano Galliani. “Sarà noi contro noi”: si erano detti l’AD biancorosso e il Presidente Berlusconi in occasione della prima sfida in Serie A nel 2022. Ci siamo ispirati proprio a queste frasi cercando di proporre qualcosa di diverso dal solito e provando, gioco pieno di suggestioni, ad assemblare una squadra composta da giocatori che hanno indossato le due maglie nel corso degli ultimi 60 anni.
Il Modulo? L’elenco degli ex biancorossoneri è - come vedremo - così prestigioso e romantico che sarebbe un peccato togliere anche solo un grammo di pura poesia per ridurre tutto e solo a un insieme di numeretti freddamente tattici.
Tuttavia, un po’ per mettere ordine a una rosa profondissima e un po’ perché pure al sottoscritto ogni tanto piace sospirare “ah se fossi io l’allenatore...”, mi gaso e dichiaro ufficialmente alla stampa che il 3-4-1-2 potrebbe fare al caso nostro. Con in alternativa un 3-4-3, probabilmente molto sbilanciato ma sicurissimamente parecchio stuzzicante.
Il portiere è Christian Abbiati, una promozione in B con il Monza e vincitore di tutto nel Milan. Lo ricordo, non ancora ventenne, in sede al primo piano di Monzello alla vigilia della finale play-off 1997 con il Carpi a Ferrara: un quotidiano sportivo davanti e il buon Enzo Redaelli a chiarirgli pazientemente le (clamorose) diseguaglianze chilometriche tra le due contendenti e la sede dello spareggio. Idealmente in panchina Giuliano Terraneo, numero uno del Borussia di Brianza poi milanista dopo sette stagioni al Toro, e Francesco Antonioli, di cui ci siamo recentemente occupati. Fuori dalle scelte ma meritevoli di citazione altri estremi difensori: Roberto Incontri, Francesco Navazzotti, Davide Pinato, Giulio Nuciari, Gabriele Aldegani. In ordine cronologico.
La difesa a tre è romantico brivido. Perchè rende doveroso omaggio a due leggende rossonere che scelsero Monza come tappa conclusiva delle rispettive, splendide carriere: Angelo Anquilletti e Mario Trebbi. L’Anguilla, 11 anni e 9 trofei con il Milan, portò determinante contributo di esperienza e l’entusiasmo di un ragazzino nel Monza di Magni dal '77 al '79. Splendida, in particolare, la sua prima stagione biancorossa. Abitava in un palazzo vicino al mio ed era del tutto normale vederlo spesso per le strade del quartiere. Altro calcio. Altri tempi.
Marietto Trebbi, anche per lui 11 stagioni milaniste dal '56 al '67, ebbe ruolo fondamentale nella mia nascente cultura calcistica dei primi anni '70. Perchè papà si ‘servì’ di lui per spiegarmi il ruolo di ‘libero’ e io mi lasciai conquistare dalla sua classe e dalla sua sicurezza.
Completa il reparto arretrato, con percorso diametralmente opposto (Monza come trampolino di lancio verso i trionfi milanisti) rispetto agli altri due, uno di quelli che Adriano Galliani ha sempre definito ‘professore della difesa’: Alessandro Costacurta. Billy fu una delle pochissime note liete del disastroso Monza di Pasinato (1986-87) prima di assurgere a clamoroso mito rossonero per l’enormità di un ventennio.
In rosa altri difensori accomunati dalla duplice militanza: le meteore Mirko Sadotti e Samir Beloufa, le ottime carriere cadette di Franco Fasoli ed Enrico Lanzi, il mitico Melo Mancuso, e la dimostrazione della mia totale incompetenza: Massimo Oddo. Se, infatti, all’epoca della sua militanza biancorossa (quando Rumignani lo impiegava come libero perché “è quello che ha il rinvio più alto e il rilancio più lungo”) mi avessero detto che sarebbe diventato campione del mondo non ci avrei mai creduto.
Tutti i mister auspicano di poter avere i cosiddetti ‘problemi di abbondanza’. Mi immedesimo nella parte e provo a costruire un centrocampo imperniato centralmente sui polmoni di Ruben Buriani, inesauribile pannocchia bionda, sulla intelligenza di Walter De Vecchi, motore al fosforo, e sulla duttilità tattica di Giovanni Lorini, puntualmente prezioso. In panca per ogni evenienza Michele De Nadai, Nevio Scala, Francesco Zanoncelli e Gianluca Gaudenzi.
Il vero punto di forza che consentirebbe la stimolante variazione di modulo di cui sopra è la fascia destra. Perchè da quella parte la storia biancorossonera proietta nomi da brividi. Inesauribile spinta dal basso garantita da Angelo Colombo, perfetto propulsore del furore agonistico sacchiano. Fantasia, dribbling, estro, cross, assist e gol assicurati da due miti assoluti: Ugo Tosetto e Marco Bolis. Il primo deluse San Siro dopo aver fatto letteralmente impazzire il Sada, il secondo avrebbe ampiamente meritato - nei suoi anni di massima ispirazione - una chance in Serie A. Personalmente, infine, mi affiderei spesso alla sostanziosa classe e alla raffinata eleganza di un numero ‘7’ che ho tanto amato nel biennio 1977-79: Duino Gorin.
A giocarsi il peso e il fascino della ‘10’ due che hanno deliziato noi monzesi in epoche diverse e si sono presi grandi e meritate soddisfazioni pure in rossonero: Roberto Antonelli e Giovanni Stroppa. A Dustin ho visto fare cose che voi umani... Giovannino rappresenta l’emblema della freschezza e della purezza tecnica. Curiosamente entrambi sono stati anche allenatori del Monza: da questo punto di vista nessuna esitazione nello scegliere Stroppa.
Perchè le 23.12 del 29 maggio 2022 saranno per sempre.
Attacco. Imprescindibile fare affidamento su un ragazzo di Monza eletto a memorabile ‘Provvidenza’ milanista, l’enfant prodige del mio quartiere (San Donato) assurto a imprendibile ‘Beep Beep’ dei clamorosi trionfi rossoneri: Daniele Massaro. Ad affiancarlo scelta difficile tra il fiuto del gol di Maurizio Ganz e la limpida classe di Francesco Vincenzi. Senza dimenticare bomber di razza come Massimo Silva, Beppe Galluzzo, Massimiliano Cappellini.
Un organico così ampio - e porgo le mie scuse perché avrò sicuramente dimenticato qualche convocazione - mi inchioda impietosamente alla mia inadeguatezza. Riconoscere i propri limiti è dimostrazione di intelligenza e di umiltà. Ritengo quindi doveroso rinunciare all’incarico di mister e chiedere di poter (almeno) rimanere nello staff di uno dei due allenatori che hanno scritto la storia biancorossonera: Nils Liedholm e Gigi Radice.
Il Barone ha sempre detto che la sua impresa più grande in panchina non sono stati gli scudetti con Milan (1979) o Roma (1983) ma la salvezza in Serie B con il Monza nel 1969. Ca va sans dire...
Gigi, 3 scudetti da giocatore del Milan (1957, 1959, 1962) e la sfortunata esperienza da tecnico nella stagione '81-'82, ha firmato a Monza due promozioni in B a trent’anni di distanza ('67 e '97) e ci ha regalato quella frase immortale che ogni volta è sogno, brivido, orgoglio: “Il Monza è il mio Real Madrid”.