Associazione Calcio Monza S.p.A.

CASTELLINI E CAZZANIGA: STORIE DI AMICIZIA TRA GRANDI PORTIERI


di Fiorenzo Dosso


Il Giaguaro. E l’Amico del Giaguaro.

La solitudine del numero 1. La compagnia del numero 12.

Due portieri. Due fratelli. Luciano e Romano.

Nella storia del Monza. Nella leggenda del Torino. Castellini e Cazzaniga.

Un’altra pagina biancorossogranata piena di brividi e di poesia.

C’era una volta - perché così cominciano tutte le favole - a metà degli anni '60 un indimenticabile portiere del Monza in Serie B che si chiamava Santino Ciceri. Ottimi fondamentali, forte leadership nella direzione del pacchetto arretrato, coraggio e carattere da vendere. Luciano Castellini - cucciolo del Giaguaro che verrà - studia a questa scuola. Quattordici presenze in tre anni sono, a ben vedere, poca roba. Ma il ragazzo è sveglio e intelligente: impara tanto e coltiva valori imprescindibili come quello dell’amicizia e della solidarietà tra pari ruolo.

Nel novembre 1967 a Livorno non ci pensa due volte a gettarsi dalla panchina nella bolgia dell’invasione di campo per raggiungere il compagno titolare e aiutarlo a rientrare negli spogliatoi fendendo il terreno di gioco a suon di ganci e uppercut mollati con i guantoni da portiere. Santino e Luciano come Bud Spencer e Terence Hill in ‘Dio Perdona... Io no!’ che proprio in quell’anno sbancò i botteghini.

Quando Ciceri va a Modena la giovane riserva ritiene di essere pronto per la maglia numero 1. Illusione che si scontra con la concorrenza di Franco Fattori. Speranza che si infrange per la fragilità strutturale di una squadra la cui salvezza sarà il fiore all’occhiello della carriera di quell’eterno mito che è Nils Liedholm: “Mia impresa più difficile da allenatore non stella con Milan '79 o scudetto con Roma '83 ma retrocessione in C evitata con Monza '69”. Grande Barone e le sue frasi senza articoli.

Il ritorno di Radice (reduce da un anno sabbatico a Treviso) sulla panca biancorossa coincide con la stagione della definitiva consacrazione di Luciano. Il campionato del Monza è splendido: il sogno della Serie A viene cullato fino alla penultima giornata nello scontro al vertice di Varese.

Castellini, che instaura uno splendido rapporto professionale e umano con il suo vice Cazzaniga, è semplicemente straordinario: dirige la difesa meno battuta del torneo e ci mette tantissimo di suo. Balzi, voli, uscite, tuffi, interventi destinati a entrare nella leggenda. Come quel rigore parato al Sada al livornese Fava: chi lo ha visto - e ho raccolto parecchie testimonianze - l’ha definito con termini che vanno dal miracoloso al portentoso e lo colloca sul gradino più alto del podio delle prodezze di portieri del Monza all time per impressionante esplosività, clamorosa elasticità muscolare, spettacolare agilità, prodigioso istinto, splendido riflesso su esecuzione potente e angolatissima. Al termine della gara i tifosi in estasi lo portano addirittura in trionfo. Giovanni Fossati su Il Cittadino lo definisce ‘Pantera’ inaugurando suggestivi accostamenti felini che qualche anno più tardi Gianni Brera, il più grande di tutti, sublimerà in ‘Giaguaro’. Le big dell’epoca lo fanno seguire, il Toro brucia tutti: Luciano lascia a Monza e al Monza la consolante certezza di aver tenuto a battesimo un autentico fuoriclasse del ruolo.

Romano - come il suo amico Luciano un paio d’anni prima - è pronto per la responsabilità della maglia da titolare. Ma dovrà prima vincere la concorrenza di Gian Nicola Pinotti. Poi, per tre stagioni (allenatori Radice e, per un biennio, Viviani), Cazzaniga sarà garanzia di totale affidabilità tra i pali della porta biancorossa. Essenziale nello stile, continuo nel rendimento, pragmatico nelle scelte. Soprattutto - per il bimbo che ero - imbattibile nelle palle alte. E se è vero che certe sensazioni provate da piccoli ci accompagnano tutta la vita, ancora adesso per me Romano Cazzaniga è sinonimo di sicurezza. Lui è uno dei meno colpevoli ma la traumatica retrocessione del '73 segna fisiologicamente la fine del suo rapporto con il Monza. Il lungo di Roncello ha parecchi estimatori in cadetteria e vive esperienze preziose al Sud: titolare fisso prima a Reggio Calabria poi a Taranto. Estate 1975: Radice si insedia sulla panca del Toro e deve trovare il secondo portiere da affiancare a Castellini. Per Gigi i rapporti umani hanno valore inestimabile: ricordare quel saldo legame tra Luciano e Romano di qualche anno prima a Monza e vestire Cazzaniga di granata è operazione immediata.

Il resto è storia di tanto lavoro insieme sul campo, di lealtà assoluta a un’unica causa, di splendida amicizia fraterna tra due grandi portieri. Il Toro costruisce quel capolavoro assoluto che è lo scudetto del 16 maggio 1976. Ci sono due scatti in rapida sequenza a immortalare per sempre la felicità di quel pomeriggio pieno di sole e di gioia: Romano che coccola Luciano in lacrime e - subito dopo - un abbraccio a tre con il pianto a dirotto di Castellini, la dolce emozione tra i baffi di Cazzaniga e la commozione a sgorgare dalla burbera mascella di Radice. Istantanee magiche per i cuori granata, certo. Ma che ci sia pure tanto tanto Monza è la storia del calcio a confermarlo al nostro romantico orgoglio biancorosso.