Associazione Calcio Monza S.p.A.

CAPITANI, NOSTRI CAPITANI! I GRANDI BIANCOROSSI CON LA FASCIA AL BRACCIO


di Fiorenzo Dosso


Il capolavoro dei grafici per il compleanno di domenica scorsa: Saini e Pessina con la Pieri a fare da sfondo in un tripudio biancorosso. La frase del grande Gianni Mura:“I veri capitani possono morire ma dimenticarli è impossibile”. Due magnifici assist per l’argomento di questa settimana.

Non ci sono molte informazioni sulle motivazioni, è certo - comunque - che la Serie A introdusse la fascia nella stagione 1949-50: fonti accreditate e attendibili propendono per la volontà da parte di Lega e Federazione dell’epoca di omaggiare, all’inizio del primo campionato dopo la tragedia di Superga, Valentino Mazzola, per definizione ‘capitano’ del Grande Torino. 

Partendo da una data storica e dalla possibilità che nelle categorie inferiori la novità entrò a regime qualche tempo dopo, è davvero pieno di significati romantici poter aprire la nostra rassegna dei grandi capitani biancorossi con Bruno Dazzi: bracciale (negli anni dell’immediato dopoguerra la parola ‘fascia’ era considerato termine troppo divisivo) reale o nostra suggestione postuma, l’hombre-goal del San Gregorio è il capocannoniere sociale all time (86 reti) e il mattatore assoluto, con 28 gol, della prima promozione in Serie B (1950-51). 

In quegli anni, comunque, il Monza ebbe altri due splendidi capitani: Carlo Colombetti, motorino del centrocampo e autore dello storico rigore di Omegna che ufficializzò lo sbarco in cadetteria, e Giacomo De Poli, difensore di squisita pulizia tecnica e puntuale applicazione in marcatura. 

Nel segno della lunghissima militanza e del commovente attaccamento ai colori bellissimi i successivi detentori della fascia sul braccio sinistro: Francesco ‘Cobra’ Copreni, tostissimo francobollatore e indomito agonista, e Sergio Magni, specialista nel gioco aereo, detentore della maglia numero 5 per oltre dieci anni e - soprattutto - monzese purosangue, cresciuto nel settore giovanile biancorosso. 

Negli anni '60 l’onore e la responsabilità di essere capitano del Monza toccò soprattutto a Livio Ghioni, che qualche lustro più avanti rivestirà anche importanti incarichi dirigenziali, e a Mariano ‘Melo’ Melonari, amatissimo dal popolo del ‘Città di Monza’ alias Sada per il temperamento e le proverbiali prerogative di inesauribile trascinatore.

Curiosi gli avvicendamenti della fascia nell’epopea di Radice: nel campionato della promozione (1966-67), infatti, se la alternarono Giambattista ‘Scheggia’ Magaraggia, difensore tanto esile quanto scattante che divenne in poco tempo beniamino del pubblico monzese, e Gianluigi ‘Maggio’ Maggioni, centrocampista al fosforo consegnato all’immortalità dal risolutivo piattone al Como nello spareggio di Bergamo. L’anno successivo, in Serie B, il tecnico - con Magaraggia e Maggioni ancora colonne portanti dell’organico - optò per una svolta piena di coraggio consegnando i gradi alla classe purissima del ventenne Claudio Sala. Qualche tempo dopo Radice approderà sulla panchina del Toro e si troverà subito alle prese con il problema della sostituzione di un capitano-monumento come Giorgio Ferrini: la scelta di Claudio Sala sarà la prima mossa verso la conquista dello storico scudetto granata - con tantissimo biancorosso - del 1976. Brividi.


Gli anni '70 si aprono con i ‘miei’ primi capitani. Due grandi giocatori che chiusero nel Monza carriere piene di soddisfazioni, maglia azzurra compresa: prima il libero Mario Trebbi, poi il portiere Roberto Anzolin. Che alzò al cielo di Lucca la Coppa Italia di Serie C nel 1974. 

Il giovanissimo Fiorenzo aveva un idolo: Gigi Sanseverino, capitano designato per la stagione 1975-76. Ricordo che rimasi malissimo quando lessi su Il Cittadino che mister Magni aveva deciso di dare la fascia, per scuoterlo da una certa apatia caratteriale e favorirne l’ambientamento, al nuovo arrivato Vanni Peressin. Per quanto mi riguardava il capitano del ‘mio’ Monza era il ‘mio’ Gigi. Sempre e comunque. Punto e basta. Quando, nel mercato di riparazione di novembre, la dirigenza biancorossa perfezionò lo scambio col Palermo tra il (deludente) Peressin e il (determinante) Braida, i gradi tornarono sul braccio sinistro del legittimo proprietario. Con mia enorme soddisfazione. Nello spettacolare biennio '75-'77 (promozione dei record prima e magnifica Serie B poi) Sanseverino divise onori e oneri della fascia con un altro mito: Franco ‘Jimmy’ Fontana. 

Le seguenti, fantastiche e maledette, stagioni di sogni spezzati sul traguardo videro alternarsi alcuni difensori, per sempre nel cuore del tifo del Sada di quegli anni ruggenti e bellissimi: il povero Angelo ‘Anguilla’ Anquilletti, lo stopper Giuseppe ‘Palla’ Pallavicini e il libero Francesco Stanzione. 

Un mix di profonda commozione e tristezza mi accompagna nell’indelebile ricordo dello stile di Franco Fasoli, libero moderno e capitano elegante, che portò la fascia sia nella stagione del ritorno in Serie B (1981-82) che nella successiva, quella della straordinaria rimonta dall’ultimo al settimo posto griffata dal ‘Sor’ Guido Mazzetti.

Aveva esordito giovanissimo nel Monza di Magni, era diventato uno dei centrocampisti più quotati della cadetteria nei primi anni '80: naturale e logico che a Maurizio Ronco sarebbero toccati i gradi. E così fu per qualche stagione. Oggi Maurizio è sempre presente all’U-Power Stadium, i tifosi lo salutano con un ‘Ciao, capitano!” pieno di affetto e alcuni di loro hanno persino fondato il ‘Gruppo Ronco’.

Siamo nella leggenda assoluta: Fulvio Saini. Il ‘Saio’. Il capitano dei capitani. 18 campionati in biancorosso, 12 con la fascia al braccio. 552 presenze. 4 Promozioni in Serie B. 3 Coppe Italia di Serie C. Numeri che fanno impallidire. E rendono superflue le parole. Come lui nessuno. Mai. Conservo il ricordo della esperienza radiofonica che condividemmo nella stagione 1988-89. E che ci fece diventare amici. Ogni nostro incontro è, per me, bella emozione, profondo orgoglio, brivido biancorosso, pura felicità.

Ereditare la fascia da un mito del genere è responsabilità enorme. Aumentata a dismisura dalle varie crisi societarie che hanno tristemente caratterizzato la storia del nostro Monza dall’inizio del nuovo millennio. Eppure alcune figure si sono stagliate per professionalità, serietà, attaccamento alla maglia, responsabilità in campo e fuori: Cristiano Giaretta, Marco ‘Zaffa’ Zaffaroni, Roberto ‘Cinghio’ Menassi. Bella la storia calcistica e umana di Vincenzo Iacopino, capitano per tre stagioni dal 2009 al 2012 e oggi apprezzato SLO, ovvero figura di riferimento tra la tifoseria e il club.

Siamo ormai ai giorni nostri, quelli della scalata dalla D alla A. Quelli di capitani destinati ad alzare trofei per le vittorie dei campionati: Luca Guidetti, Andrea D’Errico, Mario Sampirisi.

In questo triennio di sogni a occhi aperti il nostro orgoglio si chiama Matteo Pessina, monzese e cresciuto nel vivaio. Proprio come Sergio Magni una sessantina di anni or sono. Orgoglio perchè - a modesto avviso di chi scrive - certi valori di appartenenza nel calcio moderno sono splendidi portatori di romanticismo. Matteo ha incrociato nella sua carriera altri due fantastici romantici visionari: Fulvio Pea, che lo fece esordire (con gol alla Pro Patria) in Serie C ad appena 17 anni, e Adriano Galliani. Che pochi minuti dopo la vittoria di Pisa lo aveva già individuato come capitano del Monza in Serie A. Se è vero - come dice il proverbio - che ‘non c’è due senza tre’ oso esternare apertamente il mio sogno di conoscere personalmente Matteo Pessina. Il nostro capitano.