di Fiorenzo Dosso
Prima la sosta, poi i (troppo) recenti precedenti con il Frosinone.
Congiuntura perfetta per celebrare il compleanno tondo e importante di un’epoca biancorossa che abbiamo visceralmente amato.
Occasione unica per omaggiare una società e una squadra che hanno riempito di orgoglio tanti di noi, nati nei primi anni ‘60 e letteralmente folgorati da quel biennio di un Monza stellare.
Perché eravamo più giovani? Forse.
Perché era un altro mondo? Magari.
Perché era un altro calcio? Può essere.
Semplicemente perché ci sono favole che ci hanno fatto sognare. E ancora lo fanno.
Perché quei ragazzi hanno rappresentato le nostre speranze e le nostre certezze. Mica solo in campo.
Perché quel gruppo ci ha regalato suggestioni uniche. Irripetibili. Esaltanti.
Nell’autunno del 1975 nasceva la leggenda del Borussia di Brianza.
50 anni or sono sbocciava il Monza più forte e più bello della storia.
Perché non è una categoria in più o in meno a delimitare i confini d’ingresso nel mito.
Nei primi anni ‘70 il calcio europeo si stava preparando alla rivoluzione culturale olandese mentre in Germania esplodeva il fenomeno Borussia Mönchengladbach: 5 scudetti, 1 Coppa di Germania, 2 Uefa. Gioco spettacolare, basato sulla velocità e sulla spregiudicatezza. Due grandissimi allenatori: prima Hennes Weisweiler poi Udo Lattek. Tra i tanti protagonisti nomi da brividi: Netzer, Vogts, Wimmer, Simonsen (Pallone d’Oro 1976), Heynckes. Infine un piccolo stadio - il Boekelberg - di dimensioni ridotte nel centro della città. Che comportava disagi alla viabilità il giorno della partita ma che, per varie stagioni, rappresentò un inespugnabile fortino.
Chi - le ricerche non consentono di attribuire con assoluta certezza la felice primogenitura della definizione - decise di accostare il Monza del biennio 1975-1977 al Borussia si basò su una serie di inconfutabili analogie tra i biancoverdineri tedeschi e i biancorossi brianzoli.
A cominciare dalla rapidità dell’azione, dal ritmo sempre molto alto, dalla vocazione spiccatamente offensiva, dalla verticalità della manovra, dalla spettacolarità degli schemi.
Per proseguire con spiccate somiglianze, fisiche e tecniche, tra alcuni giocatori: l’esplosività di Gunter Netzer e Ugo Tosetto in primis. O le ferree marcature di Berti Vogts e Giuliano Vincenzi.
E poi lo stadio. Anche il Sada era piccolo: tanto che i tifosi, per evidenziarne affettuosamente le dimensioni decisamente ridotte, lo chiamavano ‘il pollaio’. ‘Al pulée’ in dialetto monzese.
Anche il Sada era praticamente all’ingresso del centro città e paralizzava pesantemente il traffico. Chi non ricorda le lunghe code sul cavalcavia della stazione prima e dopo le gare?
Ma nei due clamorosi campionati del Borussia di Brianza, il Sada ‘registrò questo impressionante, straordinario score: 38 partite, 32 vittorie, 5 pareggi, 1 sconfitta (peraltro del tutto ininfluente in un recupero, al termine della stagione 1975-76). Che numeri… Che orgoglio… Che nostalgia…
Quel grande Monza ha una precisa data di… concepimento: 27 gennaio 1975. Quando il ‘Sciur Giuan’, alias il Presidente Cappelletti accetta le dimissioni di Mario David e affida la squadra ad Alfredo Magni, allenatore della ‘Berretti’ (la Primavera dell’epoca). I biancorossi sono molto lontani dal primo - e unico - posto per la promozione in Serie B, ormai saldo nelle mani del Piacenza. Il girone di ritorno del giovane mister è decisamente positivo con la ciliegina della vittoria (seconda consecutiva) della Coppa Italia di Serie C.
Il mercato, in verità, scontenta i tifosi. Che vedono partire tre autentici cardini: Patrizio Sala (Torino), Roberto ‘Dustin’ Antonelli (Milan) e Francesco Vincenzi (Milan). La società, conscia di perdere talento puro, lavora in silenzio e porta a Monza elementi di categoria: Casagrande, Tosetto, Fasoli, Piacenti, Oliva, Peressin, Beruatto.
Dal 1 agosto 1975, all’Hotel Milano di Brunate, Magni prepara la nuova stagione. E dimostra subito personalità. Una manciata di presenze nella Spal in Serie B sono sufficienti a Gesualdo Piacenti per pretendere la maglia da titolare: il tecnico lo affronta a muso duro e il centrocampista chiede - ottenendola -l’immediata cessione.
Le due delusioni, nel 1973-74 e nel 1974-75, escludono il Monza dalle favorite della vigilia per la promozione: pole position per Alessandria, Cremonese e Mantova.
Partire a fari spenti potrebbe essere un vantaggio.
L’esordio è al Sada, ospite il Trento: Eugenio Gamba firma la vittoria con una indimenticabile sberla da trenta metri. Dopo il pareggio di Casale (1-1 con il primo gol di capitan Sanseverino), i biancorossi esplodono proprio nel mese di ottobre del 1975: 6 successi consecutivi, 13 reti fatte, 1 sola subita. Due delle favorite messe sotto in rapida sequenza (Alessandria a domicilio, Cremonese in trasferta) con memorabili lezioni di calcio e i gol decisivi di ‘Sanse’, ‘mio’ Gigi.
Nel frattempo il Sada si innamora perdutamente delle serpentine, delle finte, dei dribbling, degli spunti, dell’estro di quell’incontenibile numero 7 che risponde al nome di Ugo Tosetto. Il mercato di novembre rende praticamente perfetta una squadra già fortissima: il Milan manda in Brianza il giovane centrocampista Valter De Vecchi mentre lo scambio Braida-Peressin con il Palermo elimina l’unico neo. Ariedo, centravanti di razza, si integra perfettamente con il gruppo.
Cosa che non era riuscita al suo tenebroso precedessore.
Adesso il Borussia di Brianza è pronto al decollo. Complicato dalla... turbolenza del Ferruccio di Seregno, dove la giornata negativa del portiere Colombo induce Magni a lanciare tra i pali Terraneo.
Seguono altre 6 vittorie senza soluzione di continuità (e senza gol subiti). Con il capolavoro del colpaccio di Udine, definito come la più spettacolare partita in trasferta del Monza all time.
I numeri di quella stagione sono qualcosa di eclatante: 38 gare, 23 successi, 12 pareggi, 3 sconfitte (l’ultima del tutto ininfluente a campionato terminato da 20 giorni). Promozione in Serie B timbrata addirittura con 6 giornate di anticipo. Consacrazione internazionale con la vittoria del Torneo Anglo-Italiano : Monza-Wimbledon 1-0, gol di Casagrande. Triplete sfumato per il ko nella finale di Coppa Italia di Lecce: Lecce-Monza 1-0.
Abbiamo più volte citato la ‘cantilena’ di quella formazione impressa nella mente e nel cuore.
Stavolta omaggiamo i ragazzi di Magni con qualche dettaglio specifico in più. Partendo da Giuliano Terraneo, affidabilissimo tra i pali. Difesa imperniata sulla rocciosità di due marcatori ‘puri’ come Giuliano ‘Roger’ Vincenzi e Benito Michelazzi (con il giovane Paolo Beruatto a fare esperienza) e blindata dall’alternanza nel ruolo di libero tra il vecchio Franco ‘Jimmy’ Fontana e il giovane Franco Fasoli. Spinta mancina garantita da un fluidificante extra lusso: Eugenio Gamba. Dalla parte opposta l’inesauribile stantuffo di Francesco Casagrande, con Walter De Vecchi pronto ad ogni evenienza nel segno della duttilità.
Centrocampo di lotta e di governo.
Ruben Buriani: sette polmoni, cento recuperi, mille corse, diecimila chilometri e tanto altro.
Gianni Ardemagni: classe, eleganza, intelligenza, lettura tattica.
E davanti il trio delle meraviglie.
Ugo Tosetto: un marziano al Sada, un extra terrestre con la maglia biancorossa.
Ariedo Braida: un centravanti da clonare, un totem, un imprescindibile punto d’appoggio.
Gigi Sanseverino: una inappellabile sentenza, uno scugnizzo con il gol nel sangue. Il ‘mio’ Gigi.
Poco spazio per il tanto estro di Fausto Oliva.
La trionfale stagione biancorossa 1975-76 è favola forever, è brivido perenne.
Il Borussia di Brianza, del riconfermatissimo Magni, è pronto per il bis. In Serie B.